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I compiti dell’estrema sinistra nei confronti del progetto di Chávez
11 Mar 2007 |

Appello della Frazione Trotzkista-Quarta Internazionale alla Lega Internazionale dei Lavoratori (LIT-CI) [1], al Coordinamento per la Ricostruzione della Quarta Internazionale (CRQI) [2] e al Partito Operaio Rivoluzionario (POR) di Bolivia, per lanciare una campagna unificata per la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo e gestione operai di tutte le imprese e industrie strategiche del Venezuela, per costruire un partito operaio indipendente e per lottare a favore di un governo operaio, contadino e delle masse sfruttate del paese. Partiamo del fatto che, essendo stati a fianco dei milioni di lavoratori e del popolo venezuelano nell’affrontare il Golpe di aprile 2002 e lo sciopero-sabotaggio della reazione interna e dell’imperialismo, le nostre organizzazioni internazionali sostengono oggi una politica indipendente nei confronti del chavismo. Questo costituisce una base reale per portare avanti una campagna congiunta.

Il presidente venezuelano Hugo Chávez ha annunciato nelle ultime settimane diverse “nazionalizzazioni” in alcuni settori economici strategici del paese. La situazione economica internazionale, i prezzi del petrolio e la crisi d’egemonia nordamericana lasciano certo spazio di manovra ad alcuni governi, come quello di Chávez. Facendo leva su una forte retorica antiamericana cercano margini di manovra per rinegoziare la rendita tratta dall’esportazione delle materie prime senza comunque rimettere in discussione le stesse basi della dominazione imperialista. È vero che in un primo momento l’imperialismo nordamericano ha lasciato trapelare certa inquietudine di fronte alle misure annunciate dal governo venezuelano. È comunque interessante costatare che fino ad alcuni settori degli organismi finanzieri internazionali o legati a coloro che avevano sostenuto attivamente il Golpe di aprile del 2002 e lo sciopero-sabotaggio del settore petroliero abbiano dichiarato, come nel caso del direttore del Banco Interamericano per lo Sviluppo (BID), Enrique Iglesias, che le “nazionalizzazioni sono state portate avanti bene e non dovrebbero quindi generare sfiducia fra gli investitori”. I proprietari stranieri delle imprese ormai sottomesse al controllo dello Stato sono stati assai contenti dall’acquisto azionario portato avanti da Chávez. Le operazioni sono state effettuate “d’accordo con i termini contrattuali e con un giusto compenso”. Le imprese “che hanno acetato questo processo hanno ricevuto la promessa di contratti con il governo per continuare a prestare servizi”. L’altra faccia della medaglia di questa situazione, chiaro testimone di una nuova dinamica all’interno del movimento operaio, è l’apparizione di alcuni settori combattivi. Basta pensare alla manifestazione di 6 mila operai ed operaie a Caracas lo scorso 8 febbraio che difendeva la prospettiva della lotta per “la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio delle imprese strategiche”. L’esempio del controllo operaio della produzione nell’impresa Sanitarios Maracay si è anche diffuso grazie alla manifestazione: da tre mesi a questa parte, gli 800 operai della fabbrica portano avanti la produzione sotto la loro propria gestione. Difendono la rivendicazione della nazionalizzazione dell’impresa, ma senza nessun indennizzo. Questi elementi mostrano che è possibile che settori avanzati del movimento operaio possano intervenire con un programma proprio e in maniera indipendente rispetto al governo. Mentre Chávez mostra la realtà che si nasconde dietro la sua retorica, poiché si prepara a acquistare le azioni delle imprese “nazionalizzati” in funzione del loro prezzo sul mercato dei valori di Caracas e New York [3], appare un settore dei lavoratori che esige che le misure prese da alcuni di loro si estendano all’insieme delle industrie del paese, senza indennizzo e sotto il loro proprio controllo.

La nuova politica di concentramento dei poteri portata avanti da Chávez apre la strada ad una ulteriore accentuazione del carattere bonapartista del regime politico e del governo. Questa situazione lascia aperta la possibilità di un’eventuale svolta a destra del governo, o di misure anti-popolari nel caso in cui scendesse il prezzo del petrolio o dovesse aumentare l’inflazione. Questa situazione va di pari passo con la politica di rielezione indefinita, con la modificazione dell’attuale Costituzione in cui meccanismi giuridici lascerebbero spazio a una specie di “bonapartismo plebiscitario”, con elezioni in cui la “maggioranza povera” della popolazione voti sistematicamente a favore di Chávez ma senza che si verifichino cambi sostanziali, senza che questo risolva i problemi strutturali dei lavoratori, dei contadini, senza che questo significhi, come l’abbiamo visto negli ultimo otto anni, la possibilità per questi settori di discutere e risolvere democraticamente i loro propri problemi. Per concretizzare questo programma politico il chavismo sta cercando di costruire il Partito Socialista Unito del Venezuela (Partido Socialista Unido de Venezuela, PSUV). Con questa struttura si cerca in realtà di mettere in piedi un’organizzazione in cui si trovino fianco a fianco gli ufficiali delle Forze Armate dello Stato borghese, gli “imprenditori nazionalisti” e i settori operai, contadini e popolari. Il PSUV non significa affatto “un approfondimento della rivoluzione bolivariana” come sostengono alcuni settori capitolanti dell’estrema sinistra. Il PSUV cerca, in maniera preventiva, di canalizzare fortemente il movimento di massa e qualsiasi intento, da parte di un settore del mondo del lavoro, di cercare una strada indipendente dal nazionalismo borghese.

Dovute all’opposizione venezuelana all’invasione dell’Irak, all’invasione del Libano da parte dell’esercito sionista lo scorso estate, al sostegno all’Iran, si sono verificate frizioni fra Chavéz e l’imperialismo nordamericano. Difendiamo il Venezuela da qualsiasi “rappresaglia” imperialista. Affermiamo allo stesso tempo che le dichiarazioni di Chávez non portano a una lotta antimperialista conseguente. Questa retorica non si basa sulla mobilitazione dei lavoratori e dei popoli ma al contrario puntano a stringere i rapporti diplomatici con governi capitalisti che, come Lula o Kirchner, amministrano la spoliazione dei paesi latinoamericani, o anche sui rapporti con i governi di alcuni paesi imperialisti come nel caso del governo di Zapatero.

Tutto ciò non implica nessun cambiamento importante nel progetto strategico di “via venezuelana al socialismo”. Si tratta in realtà di un progetto nel quale continueranno a reggere le leggi della dominazione capitalista. La prospettiva del “Socialismo del XXI secolo” difesa da Chávez si limita in realtà a una semi-statalizzazione borghese di alcuni settori economici (a cambio d’indennizzi a imprese parassitarie che durante decenni hanno fatto profitti sulla pelle di milioni di lavoratori e consumatori venezuelani) permettendo inoltre che settori borghesi nazionali e importanti imprese imperialiste continuino a accumulare immensi profitti in altri settori dell’economia venezuelana, in particolare quello principale, il petrolio. L’agenda del nazionalismo borghese moderato di Chávez non va aldilà del dare impulso e dello sviluppare un settore della borghesia venezuelana, quello non monopolista, molto più dipendente degli aiuti statali e della protezione dello Stato. Allo stesso tempo, lo Stato continua a garantire ai monopoli, ai grandi imprenditori nazionali e alle multinazionali le loro affari.

Ma la retorica di Chávez ha avuto ripercussioni anche aldilà delle frontiere venezuelane. Ha suscitato simpatia in importanti settori del movimento di massa di tutto il continente latinoamericano, suscitando anche certo consenso intorno al suo progetto. Da questo punto di vista, la stragrande maggioranza delle organizzazioni di estrema sinistra a livello continentale ma anche molti di quelle che si dicono trotzkiste appoggiano in maniera acritica il nazionalismo borghese di Chávez. Questo è una delle ragioni per cui come marxisti rivoluzionari dobbiamo unire le nostre forze e sostenere un programma che si differenzi chiaramente da quello chavista in prospettiva di articolare una politica operaia indipendente. Di fronte a qualsiasi tentativo d’attacco dell’imperialismo, saremo in prima linea per affrontare la reazione interna e straniera, come già l’abbiamo fatto a fianco dei milioni di lavoratori che si sono mobilitati contro il Golpe di aprile del 2002 e lo sciopero-sabotaggio petroliero. Ma di fronte alle “nazionalizzazioni” fasulle del governo venezuelano, di fronte al suo intento di canalizzare una possibile radicalizzazione o rafforzamento delle lotte operaie, popolari o contadine (o che essi siano facilmente stroncate dal PSUV), è più necessario che mai lottare per una politica antimperialista conseguente e per l’indipendenza politica e organizzativa della classe operaia. È su questa base che ci dirigiamo a correnti come la LIT-CI, il CRQI, il POR di Bolivia, che difendono oggi una politica indipendente nei confronti del governo chavista. Sfortunatamente, in Venezuela, organizzazioni del trotzkismo come l’importante settore maggioritario che dirige il PRS [4] (influenzato dalla UIT-CI [5] e appoggiato dal MST argentino) adottano un orientamento che consiste a mantenere i lavoratori entro i ranghi delle politiche e delle iniziative del governo. L’ha dimostrato ultimamente la decisione della corrente sindacale C-CURA [6], unica forza reale in cui il PRS svolge un ruolo, di dare impulso al PSUV. Questo rappresenta il paradigma di una politica che consiste a diluire la classe operaia nello pseudo-nazionalismo borghese di Chávez.

Come primo passo verso una politica operaia indipendente crediamo che sia necessario difendere la prospettiva della lotta per la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo e gestione operai di tutte le imprese e industrie strategiche del Venezuela. Come socialisti rivoluzionari dobbiamo lottare a scala nazionale ed internazionale per l’espropriazione senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori e dei consumatori di tutte le imprese privatizzate, nella prospettiva dell’espropriazione di tutte le grande imprese, il settore bancario e le industrie strategiche, come gli idrocarburi, attraverso un governo dei lavoratori che pianifichi l’insieme dell’economia nazionale in maniera razionale e a favore delle masse operaie e popolari per porre un fine allo sfruttamento imperialista del Venezuela. In funzione di questa prospettiva, dobbiamo fare un appello più vasto possibile alla solidarietà dei lavoratori delle imprese multinazionali nei paesi imperialisti per far sì che riprendano, attraverso le loro organizzazioni, questo programma. La classe operaia venezuelana deve avere fiducia soltanto nelle proprie forze e nei propri metodi di lotta. Questa è l’unica strada per saldare una vera alleanza operaia, contadina e popolare veramente anticapitalista che abbia come orizzonte strategico la lotta per conquista di un governo operaio, contadino e popolare. Di fronte alla politica del PSUV è centrale che i lavoratori possano esprimersi nella vita politica nazionale in maniera indipendente. Per ciò è chiave lottare per un partito proprio dei lavoratori, un grande partito operaio indipendente basatosi sugli organismi di rappresentanza e di lotta dei lavoratori (sindacati combattivi, organizzazioni sindacali di base, comitati di fabbrica, etc.), centrato sui metodi della democrazia operaia e che difenda un programma chiaramente anticapitalista. Questo sarebbe il primo passo per avanzare nella costruzione di un potente partito operaio rivoluzionario che lotti per un governo operaio-popolare e per avanzare verso una vera rivoluzione operaia e socialista in Venezuela.
Compagne e compagni, facciamo appello a voi per portare avanti insieme una campagna che si può riassumere attorno a tre punti fondamentali:

Contro le finte nazionalizzazioni di Chávez, lottare per la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio di tutte le industrie strategiche del Venezuela
Lottare per un partito operaio indipendente, per far sì che la classe operaia cominci a pesare nella vita politica nazionale rispetto a tutte le varianti del riformismo e del nazionalismo borghese.

Difendere la prospettiva di un governo operaio, contadino e popolare come unica strada per cominciare a risolvere le principali rivendicazioni popolari, contro le finte promesse del “Socialismo del XXI secolo”.

Questa campagna comune ci permetterebbe di dirigerci alle altri correnti di estrema sinistra che intervengono in Venezuela, sia all’interno del PRS come all’interno della corrente sindacale C-CURA, attraverso una lotta che difenda questa prospettiva in ogni singolo paese in cui militiamo e a scala internazionale.

Aspettando una risposta da parte vostra,

Juventud de Izquierda Revolucionaria del Venezuela (Frazione Publica del PRS)
www.jir.org.ve

Partido de Trabajadores Socialistas (PTS), Argentina
www.pts.org.ar

Liga Obrera Revolucionaria por la Cuarta Internacional (LOR-CI ), Bolivia
www.lorci.org

Liga Estratégia Revolucionária-Quarta Internacional (LER-QI ), Brasile
www.ler-qi.org

Clase contra Clase, Cile
www.clasecontraclase.cl

Liga de Trabajadores por el Socialismo (LTS), Messico
www.geocities.com/ligamex

Clase Contra Clase, Stato Spagnolo
www.clasecontraclase.org

FT-Europa

08/03/07.

 

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