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VII Conferenza della Frazione Trotskista Quarta Internazionale
di : PTS, Argentina

23 Feb 2011 | Dal 14 al 23 agosto si è tenuta a Buenos Aires la VII Conferenza della Frazione Trotskista Quarta Internazionale. Intervistiamo Emilio Albamonte, dirigente della FT-QI e direttore della rivista Estratégia Internacional, sui dibattiti principali che si sono tenuto durante la (...)

Dal 14 al 23 agosto si è tenuta a Buenos Aires la VII Conferenza della Frazione Trotskista Quarta Internazionale. Intervistiamo Emilio Albamonte, dirigente della FT-QI e direttore della rivista Estratégia Internacional, sui dibattiti principali che si sono tenuto durante la Conferenza.

LVO: La Conferenza è iniziata con una discussione sul quadro strategico attuale, qual’è stata la discussione su questo punto?

EA:Per questa discussione abbiamo presentato il documento “Sui limiti della restaurazione borghese” scritto dal compagno Matias Maiello, in cui si inizia a definire che la crisi storica che oggi il capitalismo attraversa, si trova nella fase conclusiva della restaurazione borghese, durante la quale l’attacco dell’imperialismo alle conquiste della classe operaia e dei popoli oppressi del mondo, a differenza del ventesimo secolo, è stata realizzata con metodi "pacifici". Vogliamo dire, che non è stato necessario negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Germania o in Giappone, per citare i paesi più importanti, un Mussolini o di un Hitler, o eliminare la democrazia borghese, per distruggere enormi conquiste della classe operaia. Le direzioni delle organizzazioni riformiste emerse nel dopoguerra o sono stati complici o hanno accettato come "male minore" tali attacchi.

Oggi, come vediamo in Europa, il capitalismo si mostra molto meno capace di garantire quelle condizioni privilegiate che alcuni sociologi chiamano “patto neoliberale” con settori privilegiati della classe media e dei lavoratori, specialmente nei paesi “centrali”. Vediamo un attacco che implica una frattura nella classe operaia stessa, non solo tra i proletari dei paesi imperialisti e oppressi, ma anche tra lavoratori di “prima” e di “seconda” classe (precari, outsorcing, migranti, ecc.) che porta all’inabissamento di questi ultimi, i quali rappresentano la grande maggioranza della classe operaia mondiale, assieme ai disoccupati, condannati all’assistenza statale per poter sopravvivere.

LVO: Perché si definisce il neoliberismo come “tappa della restaurazione borghese”?

EA: Perché da un lato è necessario sfuggire da qualunque visione superficiale e “allegra” di alcuni settori della sinistra trotskista che vedono situazioni e trionfi rivoluzionari da tutte le parti. I rivoluzionari devono tenere conto di cosa ha significato l’avanzata dell’imperialismo su scala mondiale per quasi tre decenni. Ciò ha significato sia la perdita di conquiste che il proletariato aveva strappato al capitale durante il XX secolo, sia la restaurazione negli stati operai burocratizzati in Europa Orientale, in Russia e in Oriente, in particolare in Cina.

La restaurazione capitalista in questi stati non ha solo significato la caduta della burocrazia governante, che si è essa stessa convertita in classe dominante, ma anche la distruzione di conquiste che venivano dalla rivoluzione, e un terribile arretramento delle condizioni di vita delle masse. Ne è stata colpita anche la classe operaia occidentale. Durante la tappa della restaurazione la borghese ha aperto la strada all’incorporazione di più di 1,7 miliardi di nuovi proletari nel mercato capitalista, per attaccare le condizioni di lavoro in tutto il pianeta. Come è avvenuto con la sottomissione degli operai cinesi o dell’Europa Orientale a nuove vette dello sfruttamento, con la “delocalizzazione” della produzione dei monopoli imperialisti al fine di abbassare i salari e peggiorare le condizioni di vita della classe operaia europea e nordamericana. Questa stessa offensiva ha raggiunto le colonie per mano di quello che viene chiamato il “Washington Consensus”.

E’ stato un processo congiunto. Questo processo è iniziato con una offensiva reazionaria attraverso la quale l’imperialismo ha imposto una una serie di controriforme economiche, politiche e sociali, diventata nota poi come neoliberismo, e ha avuto poi uno salto qualitativo controrivoluzionario con la restaurazione del capitalismo in quegli stati dove era stata espropriata la borghesia. Ciò è servito, a sua volta, per imporre nuove catene ai lavoratori e ai popoli oppressi del mondo. E questo processo congiunto è ciò che chiamiamo “tappa di restaurazione borghese”. Tuttavia, nonostante questo attacco generalizzato, l’imperialismo non poteva più evitare ancora che le sue grandi contraddizioni si esprimessero in una crisi storica il cui epicentro sono le principali potenze imperialiste.

LVO: La Cina non smentisce l’affermazione di Trotsky secondo cui la restaurazione del capitalismo produrrà necessariamente una involuzione politica, economica e sociale?

EA: Le restaurazioni in Cina e in URSS sono state molto diverse tra loro. Se l’URSS è passata dall’essere la seconda potenza a livello mondiale a un paese fortemente dipendente dall’esportazione di gas e di petrolio, ed è un paese dove è stato smantellato l’apparato industriale e le condizioni di vita delle masse sono regredite di decenni, la restaurazione capitalista in Cina ha beneficiato invece di una arretratezza per cui più dell’80% della popolazione viveva ancora nelle campagne. Sulla base dell’unità nazionale conquistata con la rivoluzione del ’49 si è realizzato uno sviluppo industriale senza precedenti sostenuto dal capitale finanziario internazionale che ha lo trasformato in una “officina” del capitalismo mondiale. In meno di tre decenni sono state liquidate le condizioni di vita del proletariato statale, mentre tra i 100 e i 200 milioni di contadini sono emigrati nelle città formando un nuovo esercito di lavoratori urbani.

Tuttavia, malgrado le aspettative di chi ha visto in questo sviluppo l’emergere della nuova potenza egemonica del secolo, resta il fatto che la Cina ha le contraddizioni sempre più evidenti. Anche se in termini di PIL l’economia cinese è la seconda pianeta, se il suo prodotto viene ripartito per il numero di abitanti, essa si trova davanti solo al Congo e all’Angola, con 400 milioni di abitanti che vivono con meno di due dollari al giorno di reddito pro-capite

Lo sviluppo cinese degli ultimi decenni che è stato sostenuto dal capitale finanziario internazionale, direttamente o attraverso lo stato, ha prodotto come risultato uno sviluppo esponenziale della classe operaia, oltre 400 milioni di lavoratori urbani, e nel contempo dell’emergere di una borghesia assai più debole. Con la nuova divisione internazionale del lavoro di cui la Cina è parte fondamentale, si mondializza anche la lotta di classe.

La conferenza ha analizzato l’esistenza di due movimenti operai con dinamiche diverse. Da un lato c’è il proletariato dell’Oriente, il prodotto dell’espansione degli ultimi anni, che soffre di alti livelli di sfruttamento e che inizia le sue prime grandi lotte. Per esempio in Cina, malgrado l’inesistenza di una organizzazione sindacale indipendente e il diritto di sciopero, i lavoratori sono stati protagonisti di una ondata di lotte che ha avuto i lavoratori della Honda nella provincia di Guandong la sua espressione più avanzata. Essi sono stati in grado di paralizzare lo stabilimento per due settimane e le lotte si sono estese ad altre regioni come hanno dimostrato gli scontri con la polizia degli operai della periferia di Shangai. Questo nuovo movimento operaio si estende in paesi come la Cambogia, il Vietnam, la Cambogia e il Bangladesh dove 800 mila operai tessili sono stati protagonisti di uno sciopero eroico che ha commosso il paese. D’altro canto, il proletariato dell’Occidente, dominato dalla burocrazia dei grandi sindacati, con parziale eccezione della Grecia, non ha dato esempi di lotta di questa portata di fronte alla crisi, ma sono convinto che lo sciopero generale convocato per il 29 settembre possa diventare un grande pronunciamento contro i piani di austerità di Zapatero.

Tutti questi processi sono stati presenti nei dibattiti della conferenza così come la prosecuzione della crisi mondiale che non solo ha messo a tacere tutta una serie di speculazioni sulla pretesa ripresa economica, ma che ha invece ha fatto un nuovo salto di qualità con il coinvolgimento dell’Europa. A ciò bisogna aggiungere la situazione di crisi in cui si trova l’imperialismo americano in Afghanistan che ha condotto Obama a ad abbandonare le promesse rdi ritiro riconoscendo che l’occupazione militare si estenderà almeno fino al 2014. Allo stesso tempo la pubblicazione di WikiLeaks sulle stragi di civili, sui bombardamenti indiscriminati e tutta una serie di crimini perpetrati dalle truppe nordamericane e dalla NATO, mostrano il vero volto del governo di Obama.

LVO: Questi attacchi che citavi alle conquiste e alle condizioni storiche della classe operaia in Occidente, quali cambiamenti hanno prodotto nella coscienza dei lavoratori?

EA: Dal punto di vista soggettivo il tratto distintivo della fase di restaurazione borghese è stato che le molteplici conquiste parziali che il proletariato aveva ottenuto nel periodo precedente non essendo state utilizzate per fare avanzare la rivoluzione su scala mondiale si sono trasformate, l’una dopo l’altra, nel loro contrario. Non solamente la burocrazia dove la borghesia era stata espropriata è passata completamente dalla parte della restaurazione, ma anche nel resto dei paesi le direzioni storiche della classe operaia come i partiti socialisti e comunisti, sono stati gli applicatori diretti delle controriforme neoliberiste mentre i sindacati sono stati o complici o si sono dimostrati impotenti di fronte a questi cambiamenti. In Argentina la riconversione in chiave neoliberale del peronismo durante gli anni ’90 fu parte di questo fenomeno. Questo processo ebbe come effetto immediato la demoralizzazione nelle file della classe operaia, una perdita di confidenza nelle proprie forze, e ciò aprì la strada a un’ondata di trionfalismo borghese e di pessimismo storico sulla capacità del proletariato, che paradossalmente si produceva in una fase in cui la classe operaia si estendeva, in termini oggettivi, come mai era avvenuto nella storia. Oggi a fronte di oltre 3 miliardi di lavoratori salariati, la popolazione urbana supera quella rurale per la prima volta nella storia.

LVO: Come ha reagito il trotskismo in questa fase?

EA: Dopo la Seconda Guerra Mondiale le correnti trotskiste si sono allontanate dall’eredità di Trotsky, alcune sperando in una autoriforma della burocrazia e nella maggioranza dei casi agendo come consiglieri o deponendo le proprie aspettative in un avanzamento del socialismo per mano dei diversi stalinismi nazionali, come Mao o Tito, o nelle direzioni nazionaliste borghesi.

Tuttavia,anche in quegli anni in cui la carta del mondo appariva “dipinta di rosso” come diceva talvolta il principale dirigente del trotskismo argentino, Nahuel Moreno, era chiaro che anche in luoghi in cui erano avvenute grandi rivoluzioni come in Cina, Jugoslavia o Cuba, l’inesistenza di un proletariato molto concentrato come soggetto sociale, la mancanza di organismi di auto-organizzazione delle masse e il fatto che il processo fosse diretto da partiti unici di tipo stalinista, rappresentava un freno per lo sviluppo internazionalista della rivoluzione e un avanzamento del socialismo. Inoltre, queste organizzazioni, di fronte agli attacchi del capitale, dimostravano il loro carattere controrivoluzionario sottomettendosi a questi attacchi.

Quando alla fine ciò si produsse, la risposta dei gruppi trotskisti fu di tipo “socialdemocratico”. Alcuni mantennero formalmente sulla carta il programma e altri ruppero direttamente con il trotskismo. Tutto ciò un una nuova tappa di adattamento agli scenari del regime borghese attraverso l’azione sindacale “normale”, le elezioni ogni due anni, la vita universitaria, ecc. e sviluppando conseguentemente una visione disfattista del movimento operaio.

Noi crediamo, dal punto di vista soggettivo, che solo una rivoluzione classica con il proletariato come soggetto e con forme di auto-organizzazione si può produrre possono una svolta nella rivoluzione internazionale. Una “qualunque direzione” per quante conquiste possa conseguire, presto o tardi se non si pone in funzione di questo obbiettivo, produrrà il risultato che queste conquiste si trasformeranno nuovamente nel loro opposto.

LVO: Qual’è stata la discussione sull’America Latina?

EA: Da un lato nella situazione generale esistono due dinamiche: una a nord del Canale di Panama dove ci sono molti governi di destra e una grande ingerenza dell’imperialismo come vediamo in Honduras come abbiamo visto con l’invasione di Haiti o le esercitazioni della IV Flotta in Costa Rica, e un’altra dinamica in America del Sud dove la crisi economica per quanto acuta non ha prodotto una forte lotta di classe e la borghesia è riuscita, almeno per il momento, a mantenere una certa stabilità dopo i sollevamenti popolari e contadini dell’inizio del decennio. Intanto il progetto più offensivo della borghesia latinoamericana per contrastare l’imperialismo americano, ovvero l’ALBA, è entrato in crisi. Stiamo assistendo alla fine del ciclo delle lotte in cui i contadini e i poveri erano egemoni sta giungendo al termine e il proletariato inizia a sviluppare le sue prime lotte indipendenti: ribellione nelle fabbriche in Bolivia, lotte in Venezuela (che sono state congiunturalmente fermate con gli omicidi dei leaders sindacali) il sindacalismo di base in Argentina, ecc. Cioè, il proletariato inizia ad apparire come una classe indipendente del blocco dei popolari, anche se lentamente e senza diventare. per il basso livello di lotta di classe, una minaccia per la stabilità borghese "riformista".
D’altra parte, abbiamo discusso come punto chiave della situazione latino-americana, il crocevia che ora vive Cuba e dalla cui soluzione dipende il progresso o meno di nuove minacce dell’imperialismo nella regione. Noi crediamo che la difesa attiva delle conquiste della rivoluzione cubana contro l’imperialismo e i piani della burocrazia restauratrice sia un compito prioritario per oggi rivoluzionari.

Sia le posizioni che identificano la difesa delle conquiste della rivoluzione cubana con la difesa del regime burocratico, giustificando il corso restaurazionista del governo, sia quelle posizioni che sostengono che il problema è quello cambiare le regole formali delle libertà democratiche, riproducendo le campagne demagogiche l’imperialismo, esprimono due diversi modi di sostenere gli agenti della restaurazione del capitalismo a Cuba, pronunciandosi per la burocrazia o direttamente per l’imperialismo. La Lega Internazionale dei Lavoratori (LIT), si è piegata apertamente all’approccio socialdemocratico che ruota intorno alla "lotta contro la dittatura" e reclamando “le libertà democratiche per i borghesi".
I rivoluzionari, allo stesso tempo, mentre si oppongono all’imperialismo e difendono le conquiste che restano della rivoluzione, devono lottare per una rivoluzione politica che sia in grado di instaurare le basi per uno Stato rivoluzionario.

La conferenza ha discusso un documento speciale su Cuba che fa una valutazione attuale dei rapporti di forza e della situazione sull’isola, che pubblicheremo prossimamente, e ha deciso di lanciare una grande campagna per la difesa di Cuba contro la burocrazia restaurazionista e l’imperialismo, che consideriamo uno dei compiti fondamentali dei rivoluzionari in America Latina. All’interno di questa iniziativa andremo a creare un portale speciale su Cuba perché tutti i lavoratori possano seguire quotidianamente la situazione nell’isola e possano esprimersi sui principali dibattiti a cui facevo riferimento.

LVO: Non pensi che di fronte alla crisi, si sarebbe dovuto lanciare una conferenza o un congresso delle decine di gruppi nazionali e tendenze internazionali che in tutto il mondo rivendicano di essere trotskiste?

EA: Se sorgesse un raggruppamento di questo tipo senza dubbio vorremmo partecipare e tenteremmo di discutere un programma marxista rivoluzionario conseguente e orientato verso la fusione con l’avanguardia operaia più avanzata. Per il momento ciò è altamente improbabile perché negli ultimi decenni le differenze teoriche, politiche e strategiche si sono approfondite tra le tendenze che chiamiamo “movimento trotskista” e nessuno ha in progetto di realizzare una simile conferenza internazionale. In linea generale, le diverse tendenze e organizzazioni, continuano ad attuare una forma di conservatorismo, come se nulla fosse successo, combinando distinti gradi di opportunismo e settarismo, come nel caso della LIT diretta dal PSTU brasiliano che ha il progetto ristretto di “raggruppare il morenismo” a livello internazionale; o trasformandosi in un gruppo liquidazionista, come nel caso del “Segretariato Unificato” (mandellista) che scommette nella propria diluizione in partiti ampi con settori riformisti in tutto il mondo, liquidando la strategia della formazione di partiti operai rivoluzionari.

LVO: Il Partito Obrero argentino intanto propne lo svilupo di una tendenza, ovvero l’unificazione in una organizzazione che chiamano Coordinamento per la ricostruzione della Quarta Internazionale...

EA: Storicamente il PO proviene dalla tendenza latino-americana di Guillermo Lora. Questa tendenza è esplosa già tanto tempo fa. Nell’ultimo anno si è prodotta una rottura con il principale gruppo con cui il PO era in solidarietà politica ovvero il Partido de la Causa Operária del Brasile. Da allora si è iniziato a parlare di rafforzare la politica del Comitato per la Rifondazione della Quarta Internazionale. Per molto tempo hanno sostenuto che si dovesse organizzare tutti coloro che accettano quattro punti programmatici, in quanto assi centrali della dittatura del proletariato. Da quanto è iniziata la crisi mondiale sono entrati in contraddizione con il gruppo italiano che è uno dei 3-4 gruppi che formano il CRCI, che secondo Altamira non condividevano la caratterizzazione della crisi. Recentemente, hanno sostenuto con la firma di Grisolia, il dirigente del gruppo italiano che "La caratterizzazione della crisi globale del capitalismo e dei compiti che ne derivano sono la spina dorsale di demarcazione politica nella sinistra e nel trotskismo. Su questa base teorica e corrispondente azione pratica ribadiamo la nostra concezione di rifondazione della Quarta Internazionale”.

Questo appello, se fosse serio, dovrebbe contenere le linee di orientamento di programma e di strategia per affrontare la crisi. Temiamo che questa sia solo una manovra, e che in ultima istanza il PO pensa sempre di avere il diritto arbitrario di determinare in forma settaria chi “comprende” la dimensione della crisi, come ha fatto con Grisolia. Non c’è bisogno di sottolineare che noi del PTS e della Frazione Trotskista caratterizzano e sostengono il carattere storico della crisi ma che lottiamo in tutti i paesi in cui siamo presenti perchè l’avanguardia proletaria si colleghi alla base del programma di transizione e la strategia del trotskismo. Ma la ragione per cui il PO esclude il PTS e la FT dal suo appello non è dovuto a nessuna differenza sul “carattere storico della crisi” ma solo al semplice fatto che stiamo avendo più successo del PO e dei suoi amici nel fonderci con i migliori elementi dell’avanguardia operaia entrata in lotta durante questa crisi, come si è dimostrato nella partecipazione alla lotta della Kraft in Argentina o il ruolo di direzione che hanno avuto i nostri compagni brasiliani nel grande sciopero eroico della SINTUSP o nell’intervento nella lotta degli elettricisti messicani dei nostri compagni della LTS. Se la direzione del PO e dei gruppi della CRQI non inizierà una discussione seria con il PTS e la FT sarà chiaro che la sua proposta non sarà altro che una “ciarlataneria” per apparire come internazionalisti di fronte ai loro militanti.

LVO: Per ultima cosa, la manifestazione per il settantesimo anniversario dell’assassino di Trotsky ha dimostrato che non solo il PTS ma anche l’organizzazione internazionale, la Frazione Trotskista è dinamica. Quale relazione esiste la lo sviluppo della frazione e la ricostruzione della Quarta Internazionale come partito mondiale della rivoluzione socialista?

EA: Alla manifestazione hanno partecipato veramente migliaia di compagni, rappresentanti del sindacalismo di base del nostro paese, del movimento democratico, studentesco, ecc. e l’intervento di diversi oratori dell’America Latina e dell’Europa, ha rappresentato il culmine di una conferenza in cui abbiamo potuto cogliere che lo sviluppo di giovani organizzazioni marxiste rivoluzionarie nell’ultimo anno ha conosciuto un nuovo salto qualitativo come nel caso del Messico – in controcorrente - , del Brasile e dell’Argentina. Tuttavia abbiamo sempre sostenuto che la costruzione di un partito mondiale della rivoluzione socialista non sarà il prodotto dello sviluppo evolutivo delle piccole organizzazioni – PTS incluso – che oggi compongono il nostro raggruppamento internazionale.
Dallo scoppio della crisi globale abbiamo insistito che il trotskismo, che concentra il meglio delle esperienze del marxismo rivoluzionario in Occidente, non può cessare di essere marginale se non si fonde con i migliori elementi dell’avanguardia operaia di tutti i paesi. In questo senso, è doppiamente segno di buon auspicio la presenza alla conferenza in qualità di ospite del compagno Manuel Georget, leader della CGT di Chartres e dirigente del solo tentativo di controllo operaio che c’è stato in Francia nell’ultimo periodo. Dico segno doppiamente propizio perché il compagno lotta anche in quanto membro del NPA (Nuovo partito anticapitalista), un’organizzazione che ha migliaia di membri, per formare una tendenza rivoluzionaria all’interno del partito.

In Francia, in quanto Frazione Trotskista, prima ci siamo raggruppati con il gruppo di ex compagni dell’IRA nella tendenza CLAIRE, poi abbiamo avanzato la proposta della formazione una tendenza rivoluzionaria a cui partecipino i compagni operai e i dirigenti che sono stati riferimento in lotte importanti. La crescita energica di una ricca lotta di classe che c’è stata in Francia in questo ultimo periodo è ciò che ha permesso questa confluenza e siamo speranzosi che maggiori interventi nella lotta di classe e un intervento comune al prossimo congresso del NPA, che dovrebbe tenersi per fine anno, permetta di sviluppare una corrente dinamica in questo partito che sia un’alternativa all’orientamento opportunista ed elettoralista della direzione. Cioè, la combinazione di un forte intervento nella lotta di classe e una lotta all’interno di nuovi fenomeni politici, in questo caso il NPA, che possono dar luogo a nuovi fenomeni progressivi, ben più importanti della Frazione Trotskista o delle diverse organizzazioni che rivendicano il trotskismo in tutto il mondo. E questo è particolarmente importante perché la Francia non è solo un luogo importante per il movimento dei lavoratori, ma anche uno dei paesi dove storicamente il trotskismo ha avuto più influenza.

La Frazione Trotskista non pensa che la Quarta Internazionale sorgerà dallo sviluppo evolutivo naturale della Frazione stessa, non ha fiducia nella “riorganizzazione” del movimento trotskista realmente esistente attraverso congressi e conferenze, approccio che ci sembra utopico per le differenze di tutti i tipi che abbiamo visto in precedenza. La nostra organizzazione si è costituita nell’ultimo decennio come un raggruppamento difensivo creato per sostenere la teoria, la strategia e il programma del trotskismo principista in un’epoca reazionaria, in cui questi fondamenti sono stati attaccati da ogni tipo di revisionismo. Oggi, però, dobbiamo fare passi concreti per ricostruire la Quarta Internazionale. Quindi il problema è quello di raggiungere la convergenza a partire da politiche comuni nella lotta di classe, conquistando i raggruppamenti, non solo con la migliore avanguardia operaia “indipendente” nella “prova del fuoco” della lotta di classe, ma è quello di raggiungere la convergenza di politiche comuni nella lotta di classe, conquistando i raggruppamenti, e non solo il meglio degli operai d’avanguardia "indipendente" nella "prova del fuoco" della lotta di classe, ma anche cercando orientamenti comuni e accordi con quei settori di marxisti rivoluzionari con i quali cominciamo a condividere un programma e una strategia.

 

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