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Nelle nuove condizioni, il ciclo di Lula non continuer con Dilma Lulist
di : Daniel Matos

24 Feb 2011 | L'anno 2011 è iniziato in Brasile con la successione alla presidenza di Dilma Roussef al posto di Lula, che andrà in pensione con l'87% di popolarit.

di Daniel Matos (da “La Verdad Obrera n.408 giornale del Partito de los Trabajadores Socialistas - Argentina)

L’anno 2011 è iniziato in Brasile con la successione alla presidenza di Dilma Roussef al posto di Lula, che andrà in pensione con l’87% di popolarit. Ecco qui di seguito un’analisi della nostra organizzazione consorella in Brasile, la Lega Strategia Rivoluzionaria - Quarta Internazionale, sulle caratteristiche della crescita economica negli ultimi anni e la difficile discussione sulla svalutazione del real che il nuovo presidente dovrà affrontare.
Nonostante che i dati recenti mostrino ancora il "buon vento" dell’economia brasiliana, come per esempio i tassi di disoccupazione ai minimi storici, alcune delle grandi contraddizioni che il nuovo governo Dilma dovrà affrontare sono in campo economico come del resto è stato sostenuto nei recenti dibattiti tra economisti e politici nei principali giornali. Prima o poi, queste contraddizioni tenderanno a venir fuori con forza, facendo gettare la maschera dell’immagine di un paese "indipendente, con uno sviluppo sostenibile e l’inclusione sociale", che sarebbe in procinto di diventare una "potenza", e mostrerà la reale faccia del Brasile: un paese dipendente, asservito all’imperialismo e ai grandi monopoli, sulla base della generalizzazione del lavoro precario e la naturalizzazione della povert

L’impatto della crisi economica mondiale in Brasile

Il dollaro si è svalutato in tutto il mondo. Ciò è avvenuto per cercare di combattere le tendenze recessive dell’economia. La Banca centrale americana ha emesso dollari su dollari per tentare di rilanciare il credito nel suo paese, e quindi aumentare i consumi e gli investimenti. Tuttavia, nel mese di ottobre, la politica del governo degli Stati Uniti ha avuto una nuova svolta. Obama ha annunciato un pacchetto per 600.000 milioni di dollari da iniettare nell’economia. Ora l’obiettivo è non solo attivare il credito nell’economia. E’ una misura che si aggiunge alla svalutazione del dollaro per rendere i prodotti americani più competitivi nel mercato mondiale.

Nel frattempo, vi è un ulteriore fattore che rende lo scenario ancora più complicato. Non tutti i paesi permettono che le loro valute locali si valorizzino. Alcuni governi, intervengono nel loro mercato locale comprando dollari e sottraendoli così al mercato per evitare che le loro valute si valorizzino rispetto al dollaro. Con questo, cercano di mantenere la competitività dei loro prodotti nel mercato internazionale.
Dopo il nuovo pacchetto annunciato da Obama, il Giappone è intervenuto sulla propria valuta svalutandola, al fine di "difendere" la sua economia dalla politica degli Stati Uniti. Ma questo non è un’eccezione. Altri paesi sono colpiti e minacciano di fare lo stesso. Il rischio che esiste allora, è che ogni paese cerchi la propria "via d’uscita esportativa" della crisi, svalutando le proprie valute contro le altre. Come si può immaginare, se diversi paesi svalutano la propria moneta, allora le svalutazioni iniziali vanno a vuoto e gli obiettivi originari che si volevano ottenere saltano, mentre vengono alla luce nuove contraddizioni derivanti dalle pressioni inflazionistiche, che qui non affronteremo. Questo è l’elemento più dinamico di quella che è stata chiamata la "terza fase della crisi globale".E’ ciò che è stato chiamata "guerra del cambio" o "svalutazioni competitive".La caratteristica distintiva, e molto importante, di questa nuova fase della crisi rispetto alle altre, è che il coordinamento precedente che vi era tra i maggiori paesi nel rispondere alle contraddizioni poste dalla crisi globale, sembra essere stato abbandonato e ciò ha dato il via all’idea dell’"ognuno per sé".

L’eccessivo apprezzamento del real e il deficit commerciale, come espressione di dipendenza dal capitale imperialista

Tornando al Brasile, come si colloca il real in questo scenario? Per rispondere a questa domanda, è importante capire perché il Brasile è il paese al mondo in cui la moneta locale si è apprezzata di più nei confronti del dollaro. Si consideri, poi, più in dettaglio, come funziona questo meccanismo di dipendenza dal capitale imperialista:

1) Il motore iniziale (2003/2004) della crescita economica che il Brasile ha conosciuto negli ultimi anni è stata una combinazione di:
a) domanda eccezionale, soprattutto dalla Cina, di prodotti di base (materie prime e semi-lavorati) grazie alla quale il Brasile è diventato leader nella produzione di minerali ferrosi, prodotti agricoli, ecc.
b) abbondanza di capitale internazionale in cerca di nicchie per fare soldi veloci e facili.
Questi due fattori internazionali, l’abbondanza generatrice del credito e l’incoraggiamento di altri settori di attività economica, ha dato l’impulso iniziale che ha permesso la crescita del mercato interno, che poi come si è visto è stato un elemento fondamentale per il dinamismo dell’economia (anche se sulla base di un debito enorme, come si vede nella bolla immobiliare che si è formata).

2) Per attrarre capitali stranieri, il Brasile ha offerto per tutti questi anni, i tassi di interesse reali più alti del mondo (circa il 6%), e ciò è stato uno dei pilastri di questo "modello" di crescita. Quindi, circa il 40% del bilancio nazionale pubblico è stato stanziato annualmente per pagare gli interessi, gli ammortamenti e rifinanziare il debito. E tutto ciò non è stato più investito nella sanitàà, istruzione, alloggi, infrastrutture, ecc.

3) per affermarsi come uno dei principali esportatori di materie prime in alcuni settori della produzione, i capitalisti, con l’aiuto dello stato (centralmente tramite prestiti agevolati di interesse più bassi della BNDES), hanno formato dei grandi monopoli fondendo il capitale nazionale con quello straniero che compete per la supremazia in settori come i minerali ferrosi, la carne, la soia, le arance, ecc. L’ingresso di capitali stranieri, alla ricerca di alti profitti, sia nella speculazione finanziaria o direttamente nella produzione, e il flusso di dollari derivanti dalla vendita di beni brasiliani all’estero, è il motivo dell’abbondanza di questa moneta nel paese e, di conseguenza, l’eccessivo apprezzamento del real.

4) Le importazioni, meno costose, come sottoprodotto della sopravvalutazione del real, non solo ha contribuito a contenere l’inflazione, ma ha anche contribuito a espandere la capacità di consumo pubblico.
Il meccanismo che causa l’eccessiva valorizzazione è cresciuto al punto di generare forti contraddizioni per l’economia brasiliana, tra le quali ricordiamo:
a) Con la supervalorizzazione del real, i prodotti esportati dal paese sono più costosi rispetto ad analoghi all’estero, e i prodotti importati sono più economici. Ciò ha determinato una dinamica per cui le importazioni sono aumentate e cresciute molto più velocemente delle esportazioni.
b) Sono diventato più conveniente i servizi stranieri a scapito dei servizi nazionali.
c) I viaggi all’estero sono stati incoraggiati più di quelli all’interno del paese di quelli degli stranieri in Brasile.
d) La crescente entrata di capitali stranieri ha portato ad un maggiore impiego di risorse attraverso il pagamento di interessi, profitti e dividendi, e in investimenti nelle imprese e società all’estero.
Questi fattori che insieme costituiscono “il deficit nelle transazioni correnti”, fanno sì che il Brasile si affidi sempre di più all’afflusso di capitali stranieri per continuare a riprodurre questo "modello".

Il Real eccessivamente valorizzato, i monopoli e le speculazioni finanziarie

Perché, allora, il Brasile non ha cambiato quel modello per affrontare queste contraddizioni dal momento che il mercato interno è diventato il fattore più dinamico della crescita economica?
I grandi monopoli economici che operano nel paese non solo si internazionalizzano attraverso l’esportazione di merci, ma anche con l’installazione di produzione eoliche in altri paesi e prodotti importati che incorporano ampiamente nei loro costi di produzione (non solo capitali, ma anche materiale prime e input intermedi). Così, lucrando su un real eccessivamente valorizzato, hanno un maggiore potere d’acquisto all’estero, e si avvantaggiano dei bassi costi di produzione con le importazioni. Oltre a ciò, i monopoli legati alla produzione di merci, grazie alle risorse naturali del paese (che consente una grande rendita di monopolio), riescono ad essere competitive all’estero, anche a fronte di una forte valorizzazione del real nei confronti del dollaro. Allo stesso tempo, gran parte della borghesia ha iniziato a fondere la sua attività con la speculazione finanziaria (o, nel caso di coloro che erano in grado di competere in un’economia "globalizzata", diventando speculatori loro stessi) trasformando il debito pubblico in un enorme meccanismo di trasferimento delle risorse dalla popolazione verso una elite composta dalle 15-20 famiglie più ricche.

In altre parole, "le persone importanti" (che determinano fondamentalmente la politica del governo) sembrano "vincere di più" con l’attuale "modello". E questo produce apprensione per le conseguenze che possono derivare da questi cambiamenti. Questo è ciò che spiega il fatto che, anche con ampi settori della borghesia danneggiata al punto che dipendono da un vero e proprio "competitivo" (cioè, svalutato), il modello è stato finora mantenuto.

I limiti del recupero, le pressioni inflazionistiche e la riproduzione di dipendenza

L’apprezzamento reale dei limiti. Gli indicatori più recenti hanno mostrato come la crescita del mercato interno è ancora molto inferiore all’aumento delle importazioni. Questo significa che settori sempre più grande dell’economia nazionale sono potenzialmente minacciati. Questo processo, rapportate all’importanza acquisita dai beni primari nel modello di esportazioni, che viene chiamato dagli analisti borghesi FIESP "reprimarization" o "deindustrializzazione" dell’economia, significa una diminuzione relativa del parco produttivo nazionale, della sua capacità tecnologica.Inoltre, i monopoli, seppur specializzati sulle materie prime che hanno vantaggi competitivi basati sulle abbondanti risorse naturali del paese, a un certo grado di apprezzamento della valuta nazionale, hanno cominciato a cogliere delle difficoltà di competitività .
In questo contesto, per evitare un eccessivo apprezzamento del real, il governo ha optato per interventi parziali, acquistando dollari. Ma dato che il governo brasiliano non ha fondi per intraprendere questa politica (come invece nel caso della Cina), questi interventi sono fatti aumentando il debito pubblico, che ha tassi esorbitanti, ponendo un punto di domanda anche sui conti dello Stato.

Le contraddizioni strutturali dell’attuale "modello", come del resto quelle precedenti ( moneta nazionale non competitiva, facili profitti nella speculazione finanziaria, bassi investimenti in infrastrutture, ecc.) spiega fondamentalmente come malgrado l’afflusso di capitali esteri crescente nel paese, il Brasile continua ad avere uno dei più bassi tassi di investimenti produttivi nel mondo. Così dalla combinazione di fattori internazionali come i prezzi elevati delle materie prime e dall’aumento di una domanda superiore all’offerta, sorgono nuove pressioni, come abbiamo visto di recente. Dato che il governo e le classi dirigenti non sono disponibili per affrontare le contraddizioni strutturali del paese, la Banca Centrale per contenere l’inflazione è costretta ad adottare una politica di contenimento dei consumi aumenta i tassi di interesse e contiene il credito che interessa anche l’investimento, finanziato principalmente da BNDES. E così si entra in un circolo vizioso in cui per riprodurre il "modello" di crescita attuale, più capitale straniero entra nel paese in cerca di facili profitti nella speculazione finanziaria, generando ancora più valorizzazione della monte nazionale.

Da ciò ne deriva il carattere strutturale della dipendenza del Brasile sul capitale imperialista e dei grandi monopoli. In un paese in cui la stragrande maggioranza della forza lavoro è povera (registrati e non), in cui esiste un grande contingente di popolazione dipendente dallo stato sociale e che vive ai limiti della povertà e in cui gran parte della ricchezza prodotta viene drenata dai capitali esteri. Non ci sono capitali nazionali per finanziare i consumi o gli investimenti pubblici in una prospettiva di "sviluppo sostenibile con inclusione sociale". Quindi, per rendere possibile i loro profitti, le classi dirigenti brasiliane, al massimo, all’interno delle condizioni dell’economia globale, sono in grado di creare dei cicli di crescita sono in grado di creare parziale e precaria, combinati con una riduzione relativa della povertàà, riproducendo però, in modo strutturale, dipendenza e subordinazione rispetto all’ imperialismo e accumulando contraddizioni che prima o poi, verranno a galla, e saranno ancora una volta scaricati sulle spalle dei lavoratori e del popolo, soggiogando il paese ancora di più alle catene imperialista.

In questo contesto, gli economisti e settori della borghesia cominciano ad avere punti di vista divergenti per quanto riguarda l’orientamento della politica economica del nuovo governo.
In primo luogo, vi sono coloro che sostengono il mantenimento dell’attuale "modello" a "tutti i costi" (anche se fosse necessario frenare l’economia). Costoro già chiedono un ulteriore aumento dei tassi di interesse per contenere le pressioni inflazionistiche. Sono coloro che credono che una riduzione significativa dei tassi di interesse possa essere fatta solo dopo una drastica riduzione della spesa pubblica attraverso tagli al sistema pensionistico, ai programmi sociali, alla sanità , all’istruzione, ecc Di conseguenza, vedono l’apprezzamento del real come "male minore". E sostengono che una maggiore competitività del capitale in Brasile deve essere raggiunta attraverso più leggi sul lavoro flessibile per facilitare i licenziamenti, la riduzione delle tasse sul capitale e gli investimenti in infrastrutture.Nelle riviste di analisi di politica economica della grande borghesia, come nelle recenti edizioni speciali della rivista “Examen” e della rivista “Coyuntura Económica”, gli intellettuali che lavorano per i grandi monopoli, seppur a diversi gradi, una serie di misure che convergono con queste linee guida.

In secondo luogo c’ chi, sebbene sia una minoranza, ma che sta acquisendo sempre maggiore importanza, privilegia la necessità di svalutare il cambio e ridurre l’inflazione, anche se ciò richiederebbe richiesto un cambiamento significativo dell’attuale "modello".
Questi settori dicono che lo shock della riduzione degli interessi assieme alla riduzione del flusso dei capitali stranieri che contribuirebbe alla svalutazione del real, consentirebbe una riduzione dei costi del debito pubblico, dando maggiori margini di manovra per un aggiustamento meno drastico dei conti dello Stato. Conseguentemente, questi settori, per rendere possibile il mantenimento della crescita, sono disposti a tollerare tassi di inflazione più dinamici. Attraverso il deprezzamento reale dei salari, cercano di garantire buoni margini di profitto sul riaggiustamento dei prezzi. All’interno di questo ’campo’ ci sono settori legati alla FIESP, alla rivista “Carta Capital” ed economisti come Antonio Carlos Lacerda, ex presidente del BNDES nel primo mandato di Lula.
Il patrimonio comune di tutti gli economisti borghesi e settori della borghesia è la difesa costante del debito pubblico e una riforma le leggi sul lavoro che renda il capitale più competitivo in Brasile e all’estero. Ovviamente, vendono questa idea come una "modernizzazione" necessaria per porre fine al lavoro nero di nero, di cui soffrono la metà di tutti i dipendenti. Si tratta, per esempio, di fermarsi a una multa del 40% del FGTS che il datore di lavoro sarebbe obbligato a pagare se licenzia.

Dove và il nuovo governo?

Le dichiarazioni, del suo team di transizione e del suo team ministeriale (come viene definito) punta a di tagliare la spesa pubblica. Allo stesso tempo, punta al controllo rigoroso dei tassi di inflazione. E’ ciò che intendiamo quando vediamo il ministro delle Finanze, Guido Mantega, dire che le spese eccessive degli ultimi quattro anni è stata una deroga necessaria, in risposta alla crisi, ma ora si tratta di "essere responsabili".L’importanza acquisita da Palocci, nel nuovo governo è un segno che punta in quella direzione, perché egli fu durante il governo di Lula, il sostenitore di questo approccio, oltre che ad essere considerato "il garante" dei grandi monopoli nel governo Dilma.

Nel frattempo, alcuni provvedimenti presi dal governo di transizione hanno un significato ambiguo e contraddittorio.

Ad esempio, negli ultimi mesi dell’anno, la spesa pubblica è continuata ad aumentare. Il governo ha apportato modifiche contabili al fine di aumentare il proprio margine di manovra, escludendo gli investimenti delle imprese statali dai calcoli economici per il pagamento degli interessi (avanzo primario). E il ministro Guido Mantega ha valutato la possibilità di ritirare i prodotti alimentari e i trasporti dal calcolo dell’inflazione, che potrebbe significare un modo di flessibilizzare i tassi di inflazione, con la conseguente perdita di salario - perdita del potere d’acquisto considerando che sono articoli di primo necessità e di gran peso negli indici inflazionistici che si usano per riallineare i salari. Queste posizioni hanno creato dubbi nel "mercato" ; ci si domanda fino a che punto il nuovo governo sarà disposto a tagliare il bilancio dello Stato e fino ache punto sarà disposto a mantenere alti tassi di interesse al prezzo di rallentare l’economia. Nel frattempo, di fronte alle pressioni inflazionistiche e alla prospettiva di una maggiore valorizzazione del real, il nuovo governo non poteva procedere per semplice inerzia (continuità) nella politica economica portata avanti dopo il fallimento della Lehman Brothers e il primo impatto della crisi mondiale in Brasile, quando ha combinato una lieve riduzione dei tassi di interesse con un aumento della spesa pubblica.
Quindi, dobbiamo prepararci a ulteriori attacchi, il cui ritmo e la profondità dipenderà dall’evoluzione della crisi globale e da fattori interni. Così, una delle promesse principali di Dilma è stato quello di estendere il Super-Simple (legge approvata da Lula che riduce diritti del lavoro nella micro e piccole imprese) alle imprese di grandi dimensioni.

E’ necessario sviluppare una politica operaiai

Al revés de naturalizar la espoliación del pueblo a través de la transferencia de millones y millones a los capitalistas a través de los intereses de la deuda, debemos forjar una vanguardia que luche por su no pago y por la utilización de estos recursos en educación, salud y planes de obras públicas que contribuyan para acabar de una vez con el desempleo y la miseria del país.
L’avanguardia della classe operaia deve prepararsi per l’assalto che verranno con un programma che cerchi l’alleanza con i più sfruttati e oppressi una strategia specifica indipendente da tutti i settori della borghesia, sia quelli che difendono la riproduzione del modello attuale sia da quelli che difenderanno la svalutazione della moneta. Invece di "naturalizzare" il Brasile dei monopoli o difendere piccoli cambiamenti nel quadro della "miseria possibile", dobbiamo lottare per le rivendicazioni fondamentali dei lavoratori e delle masse per avanzare nello scontro con il sistema capitalista perché siano i capitalisti, coloro che hanno creato la crisi a pagarne i costi e non i lavoratori e i poveri. Invece di istituzionalizzare il lavoro precario e la povertà strutturale, o difendere una lento, graduale e incerta "formalizzazione" di insicurezza e una lieve riduzione della povertà , dobbiamo forgiare un’avanguardia proletaria che lotti per il lavoro per tutti, unendo i lavoratori garantiti con quelli precari, con pari diritti e pari salario, orario di lavoro a distribuire tra tutte le mani disponibili, senza riduzione dei salari, ripartendo le ore di lavoro disponibile tra tutti, senza riduzione di salario, garantendo i minimi stabiliti dal Diesse (2.150,00 real). Invece di rendere normale a naturalizzare la spoliazione del popolo attraverso il trasferimento di milioni e milioni ai capitalisti attraverso gli interessi sul debito, dobbiamo forgiare un’avanguardia che combatta per il non pagamento del debito pagamento e per l’utilizzo di queste risorse dell’istruzione, della sanità e di opere pubbliche che contribuiscono a farla finita con la disoccupazione e la povertà nel paese.

 

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